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Verona
COLONNE DI CARTA si può considerare un'OFFICINA SPERIMENTALE PER LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA.
Essendo per la maggior parte studenti della facoltà di Lettere dell'Università degli Studi di Verona, attualmente stiamo lavorando soprattutto sulla lettura espressiva, ma non ci consideriamo solo lettori. Vogliamo essere studenti e studiosi che credono fermamente che la cultura possa essere ancora un mezzo per esprimersi, necessaria per vivere e realizzarsi nelle sue forme più diverse. Questo blog è un mezzo per dar vita a un dibattito culturale oltre che informare sui nostri spettacoli e le varie iniziative che intraprenderemo. Ma l'obiettivo finale è diventare promotori delle più diverse proposte nel maggior numero di ambiti culturali possibili.

venerdì 27 maggio 2011

Ad alcuni piace la poesia

Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.

Piace -
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.

La poesia -
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
Come alla salvezza di un corrimano.




Grazie marco, grazie amici miei. Stiamo stretti al nostro corrimano!

mercoledì 25 maggio 2011

Una colonna per voi




Domani terrò un laboratorio di Biblioterapia all'ospedale di Borgo Trento in occasione del Maggio dei Libri.
Buona parte di ciò che ho imparato lo devo all'esperienza maturata con le Colonne di Carta e quindi sento la necessità di ringraziare i miei compagni di viaggio per ciò che mi insegnano ogni volta che lavoriamo insieme.

Abbiamo tante cose in mente da realizzare insieme, ma intanto invito, quanti fossero interessati, a questa iniziativa, che se andrà bene, sarà anche merito delle altre colonne.
Grazie ragazzi!

Marco

sabato 21 maggio 2011

I libri che vorrei


Accanto ai libri che leggiamo, ci sono quelli che desidereremmo leggere. 

Io ne ho tanti. Parlare di quelli già letti mi risulta facile, motivo di orgoglio per essere riuscito a terminare testi non sempre facili. Espormi su quelli non letti lo trovo mortificante, un obiettivo non raggiunto. Ma la mia filosofia di vita è un costante tendere a e quindi ho deciso che è giunto il momento di discuterne. Quali sono i libri che mi attendono sul comodino e perché?

Stanotte la libertà di Dominique Lapierre e Larry Collins, perché mi è stato consigliato;
La donna che perse il cuore di Susan O' Halloran e Susan Delattre perché parla di sentimenti;
De consolatione philosophiae di Boezio perché ho molto da imparare dagli antichi;
Lettere a Milena di Franz Kafka perché ne ho già letto una buona parte e non voglio perdere la meta;
Vivere per raccontarla di Gabriel Garcìa Marquez perché mi è piaciuta la dedica iniziale;
Orizzonte perduto di James Hilton perché l'ho trovato sperso tra i libri e mi piace il titolo.
Sarà strano, ma la biblioteca dei libri da leggere non è meno interessante di quelli già letti. Anzi!

Marco

martedì 17 maggio 2011

La scienza del teatro secondo Dario Fo e Franca Rame


Ieri (lunedì 16 maggio 2011) nell'aula magna del polo umanistico della nostra Università di Verona siamo stati testimoni di un evento straordinario. Sul palco due superbi Dario Fo e Franca Rame. Hanno superato entrambi gli ottanta, ma non lo si direbbe. La carica di lui e la maestosità di lei sul palco hanno scosso nel profondo il pubblico giovanissimo formato quasi esclusivamente di studenti universitari (io ho avuto la pelle d'oca dall'inizio alla fine). Ci ha scosso le coscienze e le menti, ci ha dato tanto, molto di più di quanto otteniamo da un manuale di letteratura. Perché l'energia con cui hanno dimostrato la loro Scienza del teatro (titolo della giornata di studio in loro onore) era percepibile da ognuno di noi, senza sconti e senza ostacoli. La cultura che trasmettono è viva, è vera, è chiara e allo stesso tempo alta e importante. Mi ha fatto pensare che la voce, la stessa che noi in piccolo offriamo con la lettura, è un mezzo straordinario, il più immediato e umile che possediamo, ma con il quale si possono dire cose meravigliose, si può arrivare all'anima di chi ascolta e, anche senza volerlo, interrogarla e smuoverla. O semplicemente arricchirla con qualcosa che non conosceva.
Così voglio condividere con voi un regalo che ieri Dario Fo ha fatto a noi, che eravamo di fronte a lui. Parafraso un suo insegnamento:

A Sparta erano tutti eroi, nel governo tutti urlavano, il più forte era colui che urlava di più. Ma non avevano un filosofo, non avevano un teatro, non avevano musicisti o scrittori. E adesso chi più sa cos'era Sparta, dov'era situata? Non aveva una cultura e di Sparta non è rimasto niente di niente.
"Pensateci a questa storia" (Dario Fo)

Elena

mercoledì 4 maggio 2011

Non ci fa male, un po' di Montale.


Un saluto calmo, benevolo, amoroso, dopo l'inquietudine politica condivisa ieri.

Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma,
e che il tuo aspetto s’insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d’una giovinetta palma.

Eugenio Montale, Ripenso il tuo sorriso, in Ossi di seppia, 1925

Giulia

martedì 3 maggio 2011

LA POLITICA COME ATTO CREATIVO


Condivido con voi i miei pensieri, perchè no? Come molti sapranno, è tempo di elezioni amministrative in qualche comune del nostro Paese. Nella piccola, piccolissima Val Zoldana la popolazione si è risvegliata dal torpore, mossa forse da un senso di frustrazione incontenibile che trova nido in due mandati logori dell'amministrazione precedente. Quasi per gioco è nata l'8 marzo l'idea di una lista al femminile. Mi è stato chiesto di farne parte, io ho accettato. Di lì, in piena campagna elettorale, mi trovo spesso a pensare e a dover rispondere a domande, provocazioni, critiche di ogni tipo. Trovo risposte ancora nelle parole, nelle esperienze, nel nerosubianco in cui ripongo sempre più fiducia. A chi mi dice che le donne non hanno tempo per occuparsi della vita pubblica rispondo che hanno lo stesso tempo degli uomini, a chi mi dice che una donna non sa pensare ai lavori pubblivi rispondo che la politica, l'amministrazione è fatta di ascolto e creatività, a chi mi dice che le donne devono lavare i piatti e crescere i figli rispondo che chi ha una madre e/o una moglie che si occupa della vita della propria gente ha i piatti nel lavandino per due ore in più ma un senso civico e un sentimento per l'umanità che può diventare risorsa per il bene comune... 

Potrei dire molto altro, ma lascio parlare Giordana Masotto, che riassume in alcuni punti fondamentali un seminario di studi sulle donne, il lavoro e la politica.

"Che cosa intendiamo oggi per pratica politica? È creare spazi pubblici e aperti, trasversali, che secondo me andrebbero ancorati più al territorio che alle categorie, in cui si realizzi la parola e l’ascolto, la perdita più grave della politica tradizionale. Parola e ascolto e dunque pensiero. Perché che cos’è fare politica? È rimettere al mondo i soggetti. Perché non si nasce con la patente di soggetto politico. Secondo me fare politica è creare le condizioni perché ci sia una creazione continua di soggetti politici, nel conflitto e nel cambiamento. Senza troppi distinguo identitari: luoghi in cui le persone vogliano incontrarsi, esserci, dicano “io ci sono”. E che questo sia un lavoro che continua, un movimento. Su questo le donne oggi dicono qualcosa: non mi chiedo se lo dicono a partire da un’esperienza storica, da una femminilità originaria o secondaria. Non lo so, non importa. Ma di certo le donne oggi dicono per esempio che il conflitto va ripensato.
Non solo nel senso radicale detto prima della irriducibilità del desiderio, ma anche di quella esperienza quotidiana che andrebbe ben affrontata, oscillanti come sono le vite delle donne tra il soccombere, magari negando il proprio desiderio, e l’iperattivismo che cerca di tenere tutto insieme senza chiedere. Insomma le donne come ammortizzatori. Ecco, ripensare il conflitto dal nostro punto di vista, mi pare dovrebbe essere la terza via. Conflitto come processo continuo, che fa la spola tra necessità e libertà. Come donne vediamo che smuove più cose l’autocoscienza del pensiero critico, l’azione più che la reazione, il conflitto relazionale più che la guerra di annientamento del nemico. In questo le donne parlano, dicono. Per questo bisogna creare luoghi in cui queste cose possano avvenire. La chiarezza a priori nessuno ce l’ha."

Per il buon intenditore, poche le parole!

Giulia